Ferrandina: impegno a livello regionale e nazionale per salvaguardare questa azienda. Ecco le ultime notizie

Scongiurare la chiusura della Coopbox di Ferrandina e salvaguardare quaranta posti di lavoro a rischio.

È quanto chiede il presidente della Provincia di Matera, Piero Marrese, che fa appello ad un impegno ad ampio raggio a livello istituzionale finalizzato a far tornare sulla propria decisione i dirigenti della storica azienda che opera nel settore del confezionamento alimentare dal 1982.

Ieri mattina, il presidente Marrese è stato in visita nella sede dell’azienda per manifestare la vicinanza ai lavoratori e chiedere a gran voce una soluzione volta a salvare lo stabilimento:

“La chiusura della Coopbox rappresenterebbe un fulmine a ciel sereno che andrebbe a incidere pesantemente sulle attività produttive in un’area industriale strategica del nostro territorio e manderebbe in una grave crisi economica quaranta famiglie.

Dobbiamo cercare di operare tutti insieme e mettere in campo tutte le azioni possibili affinché si possa scongiurare questo rischio, mantenendo un importante punto di riferimento per la produttività nel nostro territorio”.

Ad esprimere sostegno ai lavoratori con il presidente Marrese, l’on. Mirella Liuzzi, che ha annunciato che si farà carico di attenzionare la questione a livello nazionale con il ministro Giorgetti:

Non possiamo perdere più tempo, chiediamo un forte impegno a livello regionale e nazionale per salvaguardare questa azienda.

Io personalmente porterò avanti una interlocuzione con il Mise, finalizzata ad un intervento urgente e immediato sulla questione”.

Così il consigliere regionale Luca Braia, capogruppo di Italia Viva:

“Sono stato in visita all’enorme sito produttivo, tra i lavoratori che rischiano di perdere il posto della Coopbox, per ribadire il mio impegno personale e di tutto il partito Italia Viva regionale per la vicenda e per confermare, come ho loro dichiarato, che intendo chiedere all’assessore di poter essere presente al tavolo previsto per mercoledì.

Non accetteremo supinamente le decisioni unilaterali, prima di aver compreso nel dettaglio quale sia il piano industriale Gruppo Happy – che sta facendo investimenti altrove – con i dati alla mano, le motivazioni che prevedono la chiusura dello  stabilimento di Ferrandina, da bloccare immediatamente ed evitare assolutamente.

Mai arrivata, sino ad oggi, per nessuno la cassa integrazione nell’azienda Coopbox di Ferrandina che dal 1982 ininterrottamente produce dai 13 ai 19 milioni di pezzi al mese,  con ricerca di materiali e tecnologie per vaschette in polistirolo espanso, soluzioni drenanti per l’assorbimento dei liquidi, vaschette con barriera ai gas per confezionamento in atmosfera protettiva.

Di contro, dal 2006 tra le varie proprietà succedutesi, mai un investimento effettuato per ammodernare impianti e per rinnovare i processi produttivi e adeguarli alle nuove esigenze del mercato sempre più orientato all’innovazione, all’automazione e alla sostenibilità.

Il Gruppo Happy – leader nel mercato del packaging per per alimenti da supermercato e per la grande distribuzione di pesce, carne, frutta, verdura, formaggi – si presenti in Regione con report analitici e possibilmente con ipotesi di rilancio dello stabilimento.

Si tratta di un sito che, a parte gli impianti non all’avanguardia ma ancora capaci di produrre prodotti richiesti dal mercato, potrebbe anche essere oggetto di riconversione industriale, se la proprietà lo ritenesse più aderente alle proprie strategie. Su questo troverà sicuramente la Regione Basilicata disponibile a sostenere gli investimenti e anche la formazione se necessaria.

Mercoledì prossimo, quindi, non sia una passerella per nessuno.

Regione e impresa mettano sul piatto ogni opportunità possibile e ogni progetto concreto attuabile per il futuro di questi lavoratori, dell’impianto e di tutte le famiglie coinvolte, che non sono poche per la tenuta del tessuto sociale ed economico, in tempi di crisi.

L’annunciata chiusura di Coopbox a Ferrandina non riguarda solo le 40 famiglie e quelle di chi è coinvolto nell’indotto (autotrasportatori in primis), ma una intera comunità provinciale se non oltre, che lega il proprio futuro a quello dello sviluppo green di un’area industriale che dev’essere popolata di nuove iniziative, piuttosto che vedersi scippata di quelle attive, produttive ed esistenti.

In tempo di investimenti, fondi europei, Pnrr, Zes, crescita economica nei comparti legati all’agroalimentare, possibili investimenti da effettuarsi su infrastrutture ferroviarie e logistica (piattaforma ortofrutta) la chiusura di questo sito produttivo presente da 40 anni sarebbe un paradosso da evitare, rispetto al quale faremo ogni sforzo possibile di carattere politico e istituzionale”.