Pisticci, minorenni vittime di violenza sessuale. Don Giuseppe: “troppi cattivi maestri. Giovani senza alcun rispetto per le regole”

Don Giuseppe Ditolve, Parroco della Chiesa San Giuseppe Lavoratore in Pisticci Scalo (MT), in una nota commenta la notizia dell’arresto di quattro ragazzi di Pisticci per il reato di violenza sessuale e lesioni nei confronti di due giovani turiste inglesi di 15 anni a Marconia di Pisticci.

Di seguito la nota integrale.

“Invito ad essere uniti col perdono che è giustizia e non fomentare con l’odio.

Intanto cominciamo col dire che la maggior parte dei ragazzi è sana e vive serenamente la propria adolescenza e la propria giovinezza.

Purtroppo, esiste una parte sofferente nel mondo dei giovani che è al collasso nel nostro territorio pisticcese tra dipendenze e vizi: alcolici, fumo, cannabis e droghe varie.

I riflettori accesi in questi ultimi anni per la cronaca nera devono allarmarci e pensare bene ad un futuro che si presenta incerto e di forte preoccupazione.

Come costretti a vedere spezzoni di un film dell’orrore. Impietriti, inorriditi, senza parole alla notizia! Molti ricorderanno il bel film di Troisi: “Non ci resta che piangere”.

Ci sono troppi “cattivi maestri” in giro, è verissimo.

Giovani senza alcun rispetto per le regole della collettività, adolescenti sempre più violenti, indifferenti, ormai, ai modelli educativi.

Agli occhi di molti adulti, quella attuale è una generazione di giovani che sembrano non avere punti di riferimento, né valori positivi.

È l’illusione che si possa vivere la vita senza la fatica e talora la sofferenza della riflessione, delle scelte e delle responsabilità.

Come se tutto si potesse acquistare o avere in un momento, meglio se regalato dagli altri.

La noia e la solitudine nascono quasi sempre da un’educazione protettiva e assistenziale e da una cultura consumista che promette una felicità veloce.

Per i teenagers ubriacarsi è una moda, è motivo di vanto.

I ragazzini si vantano di aver preso sbornie incredibili.

La legge vieta di somministrare alcolici al di sotto di sedici anni, ma i ragazzi, aggirano i divieti portandosi le bottiglie comprandole nei supermercati.

I dati parlano chiaro è una vera emergenza.

Bere fa più morti della droga fra i giovani con il consumo di più bevande in grandi quantità e in poche ore, per raggiungere la sbronza, una specie di rito, sempre più diffuso tra il Sabato sera aspettando il tramonto e raggiungendo l’alba del giorno dopo, lasciando le strade come dei veri immondizari ecologici.

Ci si va con buste di bottiglie di birra ed altro, e tutti insieme, si beve, aspettando di intontirsi, fino a vomitare. Non sembrano appuntamenti divertenti; piuttosto si respira una grande tristezza.

L’alcol e il fumo sembrano aver sostituito i divertimenti, i desideri e gli entusiasmi di alcuni giovani.

Sembrerebbe che per questi ragazzi non ci siano passioni, allegrie, progetti.

Sembrano travolti dalla noia, anche quelli super impegnati, dai propri genitori, non sembrano essere né entusiasti né disinvolti, anche loro cercano una forza nell’alcol, nel fumo.. Forse cercano una strada, un’identità.

L’aspetto inquietante è che l’alcol diviene l’inizio della dipendenza e l’apertura al mondo della droga.

Perdere il controllo, essere lontano dai pensieri, sembra essere l’obiettivo di preadolescenti e adolescenti. Si sentono soli e fragili, senza mete, a volte con nulla da desiderare perché hanno tutto;

sono stati preceduti anche nei desideri, ma tutto ciò non li ha resi né più felici, né più forti ma solo più deboli, paurosi, e senza grandi iniziative.

Ragazzi forse “strafatti” di quella maledetta droga che uccide tanti di loro, in vari modi, privandoli di ragione e sentimenti, di libertà vera, di affezione vera, di voglia di vivere. Ma, poi, senti compagni di classe e altri amici, gente “pulita” che ti dice che l’uno era “bravo”, l’altro era “buono”.

Eppure è successo! E con quale efferatezza! Troppo facile, troppo comodo però pensare ad un momento di follia, così come ad un’assoluta, lucida volontà di male.

Più lealmente occorre riconoscere che i conti non tornano.

Non si nasce spacciatori, tanto meno si nasce assassini o stupratori.

Cos’è accaduto a questi aggressori?

Quando si sono persi?

Quando e come è successo che le loro giovani vite venissero lentamente avvolte dalle spire di un serpente mostruoso?

Come e quando hanno perduto di vista quel “positivo” che di certo avevano visto tante volte?

Possibile che nessun adulto, fra quelli che sicuramente hanno frequentato, si sia accorto della noia, che li stava mortalmente attanagliando, dei falsi, diabolici ideali che stavano privando di senso e di gusto le loro giornate?

Possibile che nessun adulto si sia accorto dei “giri” pericolosi in cui stavano entrando, in cui erano già entrati? Possibile che nessun adulto abbia avuto il coraggio di guardali negli occhi e di sfidarli?

Possibile che nessun adulto sia stato in grado di offrire loro un’alternativa, fare loro una proposta, semplicemente umana, che valorizzasse il “buono” che non poteva non esserci anche in loro, pur se frammisto ad un malessere crescente, pur se impastato col male?

La libertà è qualcosa che va educata, se non vuole correre il rischio di dissipare sé e la vita stessa.

Oltre lo sgomento, rimane il senso di qualcosa di non fatto, di non tentato, come di un’omissione… Dietro tanta drammatica e allucinante tristezza, rimane la speranza di adulti capaci di uno sguardo interamente umano, pieno di determinazione e di tenerezza, uomini impegnati nel tentativo di creare luoghi “più umani”, dentro i quali un ragazzo possa non perdersi, luoghi che possano offrire, nel tempo, un possibilità persino a chi ha così terribilmente sbagliato.

Riguardo alle due minorenni non resta che sperare in un loro “perdono” di chi ha compiuto l’irreparabile – di una cicatrice che non si chiuderà mai fino all’ultimo respiro – perché percorrano un cammino di rieducazione secondo quanto la giustizia vorrà disporre ed in luoghi – come ad esempio le carceri – che devono essere sempre più ambienti di autentica riabilitazione dell’umano.

Non facciamo dell’odio una forma di comunicazione che è permesso ovunque, ma nessuna società può consentire l’odio in se stessa.

E di quest’odio siamo quasi spesso tutti responsabili quando invece del confronto, facciamo un conflitto ed è la causa principale di questi eventi.

Che paghino il loro debito con la giustizia è più che giusto e che le pene siano severe e senza sconti.

Sarebbe importante chiedere agli adulti una maggiore coerenza. Sentiamo e leggiamo tante belle parole, ma poi non c’è nessun esempio su larga scala che tenga i giovani lontani dall’alcol, dal fumo, dalle droghe, né ci sono stati finora programmi di prevenzione a tutto ciò; sembra che ancora non sia chiara l’emergenza che invece gli addetti ai lavori già segnalano da tempo.

Ci risvegliamo sempre, quando nel bel mezzo di un sogno orribile desideriamo che le brutte notizie sparissero e in verità, sono reali.

L’importante è che un movimento di consapevolezza non generi depressione ma voglia di trasparenza e di cambiamento. Si chiama anche “vita interiore” ed è la premessa per essere accompagnatori della crescita dei figli e costruttori di una cultura e di una società umana più attenta alla loro vita e al loro futuro.

Papa Francesco – per la XXXV° Giornata Mondiale della Gioventù sul tema: “Giovane, dico a te, alzati!” –
parla ai giovani di un Gesù che tocca l’altro per comunicare la vita, tocca la bara di un giovane, in un momento nel quale non possiamo toccare gli altri, e penetra in una realtà di disperazione, per piangere con chi piange.

La parola “Alzati” vuol dire, non lasciarti scoraggiare in questo momento.

Il Signore prende su di sé anche la miseria dell’altro: il dolore di quella madre diventa il suo dolore. Pensiamo al dolore di queste mamme delle due minorenni e degli aggressori.

Il dolore è senza parole.

Il dolore di queste madri deve diventare il nostro dolore, per evitare il peggio a cui purtroppo, ci stiamo abituando, sembra una routine senza sosta.

Il Papa parla ai giovani dell’importanza di seguire le passioni, i sogni che loro hanno. “Fateli emergere” dice, e attraverso di essi, proponete al mondo, alla Chiesa, (alle Istituzioni) ad altri giovani qualcosa di bello nel campo spirituale, artistico, sociale.

Concludo, regalando a voi giovani una bellissima espressione di Sant’Agostino: <Come l’amore cresce dentro di te, così cresce la bellezza. Perché l’amore è la bellezza dell’anima>”.