Basilicata, giovane infermiera del 118 accusata di peculato: ecco gli ultimi aggiornamenti

“E’ finito l’incubo per la giovane infermiera foggiana, una 35enne in servizio presso la postazione del 118 di San Nicola di Melfi: imputata di peculato per un eccesso di scrupolo professionale, è stata prosciolta con formula piena ‘perché il fatto non sussiste’ dal giudice dell’udienza preliminare di Potenza, Ida Iura”.

Lo rende noto un comunicato stampa della Fials, il sindacato autonomo che già la scorsa estate aveva sollevato il caso, mobilitandosi a sostegno della dipendente.

Commenta il segretario provinciale della Fials di Potenza, Giuseppe Costanzo:

“Alla stessa conclusione era arrivata l’Azienda che aveva aperto un procedimento disciplinare contro la giovane collega, per concludere poi che l’accusa di essersi ‘appropriata del materiale medico-sanitario di cui aveva la disponibilità’ era del tutto infondata”.

I procedimenti penale e amministrativo sono stati innescati da un controllo in strada della polizia, lo scorso 28 luglio: nel vano portabagagli dell’auto della donna, gli agenti trovarono un borsone di servizio, contenente farmaci e strumenti medici vari di proprietà dell’Asp, il cui valore commerciale è stato stimato in circa 575 euro.

Da qui l’imputazione di peculato.

Spiega Costanzo:

“In realtà anche se non autorizzata dall’Azienda, la scelta di portare sempre con sé un borsone tecnico completo è prassi tra gli operatori del 118, costretti, come la collega sfortunatamente finita sotto processo, a lavorare in più postazioni, cambiando spesso ambulanza e sistemazione dei dispositivi.

Una giusta prudenza, per essere sicuri di aver sottomano e rapidamente tutto il necessario, in una branca sanitaria, l’emergenza urgenza, in cui anche i secondi possono essere decisivi.

Grazie al materiale probatorio acquisito e alle testimonianze rese al gup dai colleghi, è emerso che la donna ‘non lavorasse esclusivamente su di un’unica postazione, dovendosi spostare per espletare il suo turno’.

Lo stesso responsabile del presidio, pur ribadendo l’irregolarità della condotta, ha dichiarato ‘che non erano rilevabili disservizi né ammanchi in farmacia che potessero essere imputati alla dipendente’ e confermato non solo la buona fede ma anche le ottime intenzioni dell’infermiera”.