A Marconia da 500 persone un grande abbraccio collettivo per la Palestina: “Restare umani è ancora possibile”. L’iniziativa

È stata una serata di quelle che restano, che lasciano il segno.

Una marcia composta, intensa, piena di volti, voci, gesti semplici.

Ieri, a Marconia, circa 500 persone hanno partecipato alla fiaccolata per la Palestina, un’iniziativa nata dal basso, promossa da cittadine e cittadini, associazioni, movimenti, realtà sociali, sindacali e forze politiche del territorio.

Famiglie, giovani, bambini, persone di ogni età hanno camminato insieme portando un pensiero, un cartello, una bandiera, ma soprattutto un sentimento condiviso: il bisogno di non restare indifferenti.

Il corteo si è mosso lentamente per le vie del centro, in un clima di compostezza e partecipazione profonda.

Non c’erano slogan gridati, ma parole che arrivavano dal cuore; non rabbia, ma un dolore trasformato in consapevolezza e solidarietà.

All’altezza del Parco Renato Gioia, la marcia si è fermata per ascoltare la testimonianza della giornalista Sonia Grieco, che ha raccontato con voce ferma e piena di emozione la sua esperienza diretta in Palestina: i volti incontrati, le storie di vita, la paura e la dignità delle persone che vivono sotto occupazione.

Ha ricordato ciò che ha visto e vissuto, ma anche ciò che oggi continua ad accadere, non solo a Gaza ma anche in Cisgiordania: le violenze quotidiane, la distruzione, la perdita di ogni certezza, la resistenza di un popolo che non smette di chiedere libertà e giustizia.

Le sue parole hanno attraversato la folla come un filo sottile di verità, restituendo concretezza e umanità a un dramma troppo spesso raccontato solo attraverso i numeri.

In piazza, a conclusione del corteo, un gruppo di bambini ha dato vita a un flashmob semplice e struggente, simbolo dell’innocenza perduta dei piccoli di Gaza.

Con gesti lenti, silenziosi, hanno ricordato ciò che non dovrebbe mai accadere: l’infanzia spezzata dalla guerra.

Accanto a loro, l’opera “La Pietà di Gaza” dell’artista Maria Teresa Romeo ha offerto un’immagine potente del dolore e della speranza intrecciate: una madre che stringe il corpo del figlio, come tutte le madri del mondo che non vogliono più piangere i propri bambini.

Subito dopo, piazza Elettra si è riempita delle note del violino di Maria Teresa Forte, che con straordinario virtuosismo ha trasformato il silenzio in emozione, accompagnata dalla sensibilità e dalla voce di Maria Antonietta Silletti.

Un ultimo momento di arte e umanità che ha raccolto in musica tutto ciò che la marcia aveva voluto dire: dolore, speranza, memoria. La loro presenza ha reso la serata un autentico incontro di arte e memoria collettiva.

La fiaccolata è stata un grande abbraccio collettivo, una camminata di coscienze che hanno scelto di esserci, di testimoniare, di dire con la loro presenza che la pace non è un’utopia, ma una responsabilità comune.

Si è respirato rispetto, empatia, voglia di capire. Si è parlato poco, si è ascoltato molto.

E in questo silenzio condiviso, in questa partecipazione diffusa, si è sentito qualcosa di raro: una comunità viva, consapevole, unita da un senso di giustizia e umanità.

Perché in fondo, come hanno ricordato le parole lette in chiusura, coltivare la pace significa difendere il diritto e la verità, stare dalla parte di chi soffre, rifiutare la guerra e lo sterminio, e affermare con forza il diritto alla vita del popolo palestinese.

La serata di Marconia è stata tutto questo: un atto di solidarietà e di memoria, ma anche un seme.

Un seme che, in un piccolo angolo di Basilicata, ha provato a dire che restare umani è ancora possibile.