Riceviamo e pubblichiamo una nota del Comitato spontaneo Giovani agricoltori lucani:
“La Basilicata vive una crisi idrica senza precedenti.
Ma il vero problema non è solo la mancanza d’acqua: è la mancanza di realtà.
Da mesi si è preferito raccontare che “va tutto bene”, confidando nella pioggia e, forse, anche in un pizzico di fortuna.
Ma la fortuna, si sa, non è una strategia.
Oggi si parla di stato di emergenza, ma quell’emergenza era scritta da mesi.
Non servivano maghi o profeti: bastava leggere i dati.
Monte Cotugno e Pertusillo erano in calo costante già dalla primavera, ma si è preferito guardare altrove.
Noi lo abbiamo detto con rispetto, ma con chiarezza.
Non servivano miracoli, bastava metodo.
Invece, si è scelto di rinviare, rassicurare, attendere.
Come se il tempo potesse aggiustare ciò che la pianificazione non ha saputo gestire.
Il risultato? Aziende ferme, intere aree senz’acqua e una programmazione ormai in coma.
Una pianificazione che non rende instabile solo il presente, ma anche il domani.
Adesso si rincorrono riunioni e annunci di sostegni.
E forse arriveranno, perché chi lavora la terra oggi non può più aspettare.
Ma se non si affiancano metodo, programmazione e responsabilità, ogni misura resterà solo una toppa su una falla che si allarga ogni anno.
Una crisi prevedibile non è una calamità: è un errore di gestione.
E allora lo chiediamo, con la semplicità di chi vive la realtà tutti i giorni:
c’è stato un errore nella pianificazione e nella gestione della risorsa idrica?
Perché se la risposta è sì, è il momento di assumersi le responsabilità — come accadrebbe in qualsiasi azienda.
In politica, invece, si tende a fare l’opposto: più si sbaglia, più si convoca un tavolo.
Ecco il vero problema: una politica che ha perso il contatto con la realtà.
Che confonde i piani con le promesse, i dati con le opinioni e le responsabilità con le dichiarazioni.
Una politica che da trent’anni recita la stessa formula magica: “faremo”.
“Faremo la ferrovia Matera–Ferrandina”, “faremo la ristrutturazione delle dighe”, “faremo gli investimenti”.
E nel frattempo, l’acqua è finita, i campi sono secchi e i giovani continuano ad andarsene.
Siamo una regione che è arrivata persino a festeggiare i “faremo”, come se bastasse la parola per sostituire un fatto.
È la celebrazione dell’attesa, l’apoteosi del rinvio.
Ma la realtà, purtroppo, non parla il linguaggio del politichese: parla con i dati.
E i dati, quando mancano, diventano il silenzio di chi non ha voluto vedere.
Scusateci se lo ripetiamo: il Comitato può proporre, analizzare, mettere in fila numeri e proposte.
Ma altro oggi non può farlo.
Perché il potere, quando c’è, deve essere usato per fare, non per rinviare.
E se chi lo detiene non lo usa, la crisi non è solo idrica — è morale.
Noi non ci siederemo mai ai tavoli del “faremo”.
Ci siederemo soltanto ai tavoli della pianificazione vera:
ai tavoli con time line certe, dove si prende sul serio il cambio di metodo,
non quelli dove si parla in politichese, tra un “oggi no” e un “domani con calma”..
Perché il futuro non si promette: si costruisce.
E si costruisce qui, adesso”.