Matera, “Piazza Bianco: il valore civile dimenticato tra le pieghe dell’urbanistica”. La denuncia

Trasmettiamo e pubblichiamo il comunicato di Michele Morelli, Legambiente Circolo di Matera:

Piazza Michele Bianco: una piazza che non esiste più (o, forse, non è mai davvero esistita).

Michele Bianco, socialista, confinato politico, parlamentare del PCI, fu deputato per diverse legislature.

E’ stato tra i promotori della riforma per il risanamento dei Sassi (legge n. 619/1952) e per molti anni consigliere comunale e provinciale di Matera.

Se oggi, in quel luogo, abitano l’anima e la memoria sua, siamo certi che, negli ultimi mesi, si stia chiedendo:

“Che ci faccio qui?”

Nei mesi scorsi, Legambiente ha più volte sollevato quesiti su quanto sta accadendo in piazza M. Bianco (area dell’ex fabbrica Manicone e Fragasso), interpellando prima il sindaco Bennardi e il dirigente comunale, poi il Commissario straordinario, infine il Segretario generale del Comune.

Dopo mesi di silenzio è finalmente arrivata una risposta via PEC da parte del dirigente dell’Ufficio Urbanistica del Comune di Matera.

Una lunga attesa per ricevere… una non-risposta.

Il dirigente si è limitato a dichiarare che:

“In merito agli interventi edilizi in corso in piazza Michele Bianco e relativi all’abbattimento e ricostruzione dell’Hotel Palace nonché di un edificio a destinazione residenziale e commerciale, preme sottolineare che l’area interessata dai predetti interventi è stata oggetto di monitoraggio e controllo.

Non avendo null’altro da riferire…”.

Tutto qui. Eppure avevamo posto domande puntuali.

Secondo quanto stabilito dagli articoli 33 e 48 del Regolamento Urbanistico approvato nel 2021, negli ambiti classificati T3 (“tessuti consolidati”), gli interventi edilizi devono essere orientati alla tutela e valorizzazione dell’impianto urbanistico originario, nel rispetto delle norme che ne hanno determinato la conformazione.

Inoltre, l’art. 6 (Divieti) della Legge Regionale 25/2012 prevede che, nei tessuti consolidati appartenenti alle zone territoriali omogenee “B” sature, il Piano Casa non si applichi.

Da questa normativa si deduce che non sono ammessi aumenti volumetrici nei tessuti T3.

In merito all’altezza degli edifici in costruzione, secondo la normativa vigente, laddove sono consentite premialità volumetriche, queste non possono superare un solo livello aggiuntivo (pari a 3,10 metri) rispetto all’altezza massima prevista dagli strumenti urbanistici attuativi.

Eppure, in piazza Bianco è stato realizzato un edificio di 12 livelli fuori terra (circa 37 metri), rispetto ai 7 livelli dell’ex Palace Hotel (circa 23 metri).

Nella Variante alla SCIA, si sostiene che tale altezza sarebbe legittimata dall’art. 17 del PRG ’75 di Luigi Piccinato, relativo al Centro Direzionale, che prevede un’altezza massima di circa 37 metri.

Su questo punto abbiamo segnalato che questo riferimento normativo è privo di fondamento.

Con l’adozione del PRG Nigro (2007), l’ambito urbano di piazza Bianco è disciplinato dagli artt. 85 e 86 delle Norme Tecniche di Attuazione (NTA), che recepiscono la normativa urbanistica attuativa preesistente.

I parametri edilizi da considerare non sono dunque quelli generali del PRG ’75, bensì quelli specifici del Piano Attuativo che ha generato il tessuto T3: quindi, come riferimento va presa l’altezza dell’ex Palace Hotel.

Avevamo chiesto se fosse stato valutato l’impatto urbanistico complessivo derivante dai due interventi in corso (abbattimento e ricostruzione ex Palace e trasferimento di volumetrie da un’altra area periferica); come fosse possibile trasferire volumi dalla periferia al centro città, con diversa destinazione d’uso, in un ambito urbanisticamente saturo; perché non si sia revocato, in autotutela, il diritto a costruire quei volumi, come indicato dalla sentenza del TAR Basilicata del 29/05/2023; perché si sia ritenuta sufficiente una semplice SCIA per l’avvio dei lavori, quando – vista la portata dell’intervento – sarebbe stato più opportuno il Permesso di Costruire (art. 10, lett. c, del D.P.R. 380/2001).

Nel prendere atto di tale atteggiamento omissivo, è doveroso evidenziare anche il disinteresse dell’intera classe dirigente – presidenti di Regione, sindaci, assessori, consiglieri comunali e regionali – che non ha fatto nulla per limitare gli abusi permessi dalla legge regionale sul Piano Casa.

Tutto è iniziato con la trasformazione della legge L.R. 25/2009 (nata come norma emergenziale, da applicare per pochi anni) in legge ordinaria.

Con il collegato alla legge di stabilità del 2018, il governo regionale guidato da Marcello Pittella (con assessori Luca Braia e Roberto Cifarelli) ha proceduto all’abrogazione dell’articolo 10 “Validità temporale” della Legge Regionale n. 25/2012.

Maggioranze di centrosinistra, da De Filippo a Pittella, e di centrodestra, con Bardi e Casino, insieme a consiglieri e assessori regionali materani, non hanno fatto nulla per impedire la deregolamentazione urbanistica.

Non meno gravi sono le responsabilità degli ultimi tre consigli comunali, che hanno mancato tre occasioni per mitigare gli effetti devastanti della L.R. 25/2012.

La prima occasione risale al 2013, quando il Consiglio comunale, a maggioranza di centrosinistra (sindaco Salvatore Adduce), fu chiamato a individuare — in base alla legge regionale — gli ambiti urbani ed extraurbani nei quali escludere l’applicazione del Piano Casa.

Nella premessa della delibera, redatta dal dirigente ing. Francesco Paolo Tataranni e dall’assessore Ina Macaione, si proponeva di estendere i divieti dell’art. 6, oltre che al Centro Storico e ai Sassi, anche ai quartieri di Serra Venerdì, La Nera, Spine Bianche, Villa Longo, Platani, San Pardo, La Martella e Venusio, nonché ai “tessuti oggetto di Piani Attuativi, di iniziativa pubblica o privata, individuati nel PRG 2007 come aree urbane a disciplina pregressa (AUDP) e aree extraurbane a disciplina pregressa (AEDP)”.

In sostanza, si proponeva di includere nel divieto i seguenti ambiti consolidati: Centro Direzionale, collina Macamarda/piazza Bianco, lottizzazione Quadrifoglio – Cristo alla Gravinella, piazza degli Olmi, Peep Agna, Peep Arco, Peep La Martella, Peep San Giacomo, PAIP, Serra Rifusa, Peep via Gravina, Giada, Acquario, lottizzazione Granulare, via dei Normanni, San Francesco e La Specchia, ASI, Ecopolis, Area ex Annunziata, ecc.

Chi volesse approfondire la dinamica della discussione può leggere la trascrizione della seduta del Consiglio comunale dell’8 marzo 2013.

Una maggioranza trasversale approvò lo stralcio degli ambiti AUDP e AEDP, con 24 voti favorevoli, 3 contrari e un astenuto.

L’approvazione definitiva fu accolta con favore dalle associazioni dei costruttori, Confapi e Ance.

Il più convinto sostenitore dello stralcio fu il consigliere Enzo Acito (lista Stella), seguito dalla stragrande maggioranza dei cosiddetti “tecnici” (geometri, architetti e ingegneri), sia di maggioranza che di opposizione.

La seconda opportunità fu persa nel 2018, quando il Consiglio comunale — a maggioranza variabile di destra, centro e sinistra, guidato dal sindaco Raffaello De Ruggieri — fu convocato per adottare il Regolamento Urbanistico.

L’amministrazione De Ruggieri ebbe la possibilità di reinserire gli ambiti AUDP e AEDP esclusi nel 2013, ma non lo fece.

La terza occasione è andata persa nel 2021, quando il Consiglio comunale, a maggioranza 5 Stelle–Verdi–Socialisti–Volt (sindaco Domenico Bennardi), ha approvato definitivamente il Regolamento Urbanistico ereditato, senza modifiche.

Anche in quest’ultima fase, è interessante leggere gli atti del procedimento di approvazione del RU 2021: delibere, verbali, osservazioni presentate dagli Ordini professionali, da INU Basilicata, ecc.

Fatta eccezione per l’INU Basilicata, nessun altro ha sollevato la questione delle ricadute del “Piano Casa” sul nuovo strumento urbanistico.

L’INU chiese di estendere il divieto a tutti i tessuti urbani saturi.

La risposta della maggioranza Bennardi (assessore Nicoletti) fu negativa: l’osservazione dell’INU non sarebbe stata “migliorativa del RU”. In altre parole, si è ritenuto che l’Istituto Nazionale di Urbanistica non avesse capito nulla.

Questa è la cronaca dei fatti, che nella migliore delle ipotesi ci restituisce un ceto politico locale inadeguato al proprio ruolo.

Nella peggiore, siamo di fronte a una classe dirigente consapevole, cinica e scaltra, che si muove con disinvoltura tra le stanze del Palazzo e nelle piccole dinamiche consiliari, interessata solo ai propri tornaconti, incurante del danno arrecato all’intera comunità.

Al momento, nessun segno di pentimento, nessuna autocritica.

Cosa si può fare per limitare i danni? Serve modificare la legge regionale.

È quanto Legambiente propone ormai da mesi.

Alla nuova amministrazione chiederemo di fare chiarezza su quanto accaduto, fornendo se necessario un indirizzo chiaro e inequivocabile: nei tessuti consolidati, con impianto unitario, urbanisticamente definiti e saturi, riconducibili alle zone territoriali omogenee, le deroghe previste dalla L.R. 25/2012 non si applicano.

Per quanto riguarda il caso di piazza Bianco, continueremo a batterci affinché venga fatta piena luce sull’interpretazione delle norme.

E se ci sono omissioni o responsabilità di altra natura, è giusto che chi ne ha il compito indaghi, come sta avvenendo in casi analoghi, ad esempio a Milano”.