La Basilicata non dimentica Filippo, eroe lucano portato via dalla terribile strage di Nassiriya! 16 anni fa…

Sono passati esattamente 16 anni dalla strage di Nassiriya, il più grave attacco alle truppe italiane dalla fine della Seconda guerra mondiale a oggi.

Diciannove morti italiani, tra civili e militari, e 9 morti iracheni.

Oggi, in questo triste anniversario, la ferita è ancora aperta, soprattutto per chi, nell’attacco del 12 Novembre 2003, perse un padre o un figlio, un marito, un fratello, un amico.

Con la strage di Nassiriya, la Basilicata ha perso il sottotenente Filippo Merlino.

Filippo Merlino naque a Sant’Arcangelo il 25 Febbraio 1957 ed entrò nei Carabinieri a soli 17 anni.

Maresciallo Maggiore, comandava la stazione dei Carabinieri a Viadana (Mantova).

Era sposato con Alessandra Savio e padre di Fabio, bambino affetto da una rara e grave malattia muscolare.

Innamorato del suo lavoro, partecipò a numerose missioni all’estero, distinguendosi sempre per il suo alto senso del dovere e la sua indiscussa professionalità, che gli fecero meritare diversi riconoscimenti.

Ricevette, infatti, molte medaglie d’oro e d’argento per i suoi meriti nelle missioni umanitarie: nel 1994 in Macedonia e in Kosovo, nel 1999 in Albania, nel 2000 e nel 2002 in Bosnia e di nuovo in Kosovo.

Si dedicava a queste missioni con grande slancio, perché voleva aiutare chi viveva nella disperazione della guerra.

Nel 1996, fu nominato responsabile della sicurezza dell’Ambasciata italiana a Mosca, dove rimase per un anno.

Il 17 Luglio 2003, partì per la missione umanitaria in Iraq, denominata “Antica Babilonia”.

Il contingente italiano di cui Merlino faceva parte aveva posto il proprio quartier generale a Nassiryia, a 375 km a sud di Bagdad.

A Nassiriya, quel maledetto 12 Novembre di 16 anni fa, erano le 10:40 e Carabinieri e militari dell’esercito di stanza alla base “Maestrale” avevano già iniziato a pieni ritmi un’altra giornata in Iraq, teatro operativo della missione Antica Babilonia, che aveva come scopo quello di contribuire alla rinascita dell’Iraq, favorendo la sicurezza del popolo iracheno e lo sviluppo della nazione.

I militari, dunque, si apprestavano a iniziare una nuova giornata, durante la quale, probabilmente, le attività principali che avrebbero svolto sarebbero state quelle di ricostruzione, di aiuto alla popolazione, soprattutto per quanto riguarda l’approvvigionamento di cibo e di acqua, di mantenimento dell’ordine pubblico e, non meno importante, di addestramento della nuova polizia locale, affrancata da corruzione e servilismo nei confronti del regime dittatoriale iracheno di Saddam Hussein.

Attività che avrebbero dovuto svolgere, dunque, ma alle quali non riuscirono nemmeno a dare inizio.

Un camion cisterna pieno di esplosivo, infatti, guidato da 2 kamikaze, scoppiò davanti alla base militare italiana.

Il bilancio fu devastante: 28 morti, di cui 19 italiani, e ben 58 feriti.

Le successive inchieste hanno stabilito che il camion cisterna conteneva tra i 150 e i 300 kg di tritolo mescolato a liquido infiammabile.

Una quantità di miscela esplosiva in grado di fare una vera e propria strage, e così è stato.

Il Maresciallo Merlino sarà sempre ricordato come un soldato valoroso e altruista che amava la sua divisa ed era fiero di indossarla; come un eroe, un marito e un padre eccezionale, che lavorava duramente per la sua patria e per la sua famiglia.