La Basilicata è la regione più cara sulle mense scolastiche! Ecco l’indagine di Cittadinanzattiva

109€: è quanto spende una famiglia in Basilicata per la mensa nell’anno scolastico in corsoin diminuzione dello 0,37% – rispetto ai circa 85€ (poco più di 4€ a pasto) che rappresentano la media nazionale.

La regione più costosa è proprio la Basilicata mentre quella più economica è la Sardegna (61€ nell’infanzia e 65€ per la primaria).

In Basilicata, in particolare, si va dai 4,63€ a pasto nelle scuole di Matera ai 6,24€ di Potenza.

L’incremento rispetto alla precedente indagine, riferita al 2022/23, è stato di oltre il 3% per quanto riguarda il dato nazionale, ma le variazioni sono molto differenti a livello regionale: in Calabria si registra un aumento di oltre il 26%, mentre in Umbria la riduzione più evidente di circa il 9%.

A livello di singoli capoluoghi di provincia, sono le famiglie di Barletta a spendere di meno per il singolo pasto (2€ sia per l’infanzia che per la primaria) mentre per l’infanzia si spende di più a Torino (6,60€ a pasto) e per la primaria a Livorno e Trapani (6,40€).

Fra le città metropolitane, soltanto Roma rientra nella classifica delle meno care, con un costo a pasto per la famiglia “tipo” di circa 2,32€ in entrambe le tipologie di scuola.

Questi sono i dati che emergono dalla VII Indagine sulle mense scolastiche, con la quale Cittadinanzattiva ha preso in esame le tariffe di tutti i 110 capoluoghi di provincia sia per la scuola dell’infanzia che per la primaria.

La famiglia di riferimento considerata dall’indagine è composta da tre persone (due genitori e un figlio minore), ha un reddito lordo annuo di € 44.200, con corrispondente ISEE di € 19.900.

Nel calcolo della quota annuale del servizio di ristorazione scolastica si è ipotizzata una frequenza di 20 giorni mensili per un totale di 9 mesi escludendo eventuali quote extra annuali e/o mensili.

Secondo l’Anagrafe nazionale, un terzo degli edifici scolastici, ossia 13.533 su 40160, sono dotati di locale mensa.

La distribuzione però non è omogenea, in quanto nelle Regioni del Sud poco più di un edificio su cinque dispone di una mensa scolastica (al Centro è il 41% e al Nord il 43%) e la quota scende al 15,6% in Campania e al 13,7% in Sicilia.

La regione con un numero maggiore di scuole dotate di mensa è la Valle d’Aosta (72%), seguita da Piemonte, Toscana e Liguria dove è presente in 6 edifici su 10.

In Puglia, Abruzzo e Lazio sono presenti in un edificio su quattro.

Il PNRR non viene incontro alle esigenze delle scuole del Sud, almeno non nella misura sperata. Su 1052 interventi previsti e 600 milioni di fondi stanziati, il Sud riceve – da graduatorie di giugno 2023, le ultime disponibili – la metà delle risorse, contro il 58% previsto dal piano originario.

I dati regionali

Alcune proposte sulla ristorazione scolastica:

Promuovere una indagine conoscitiva, da parte della Commissione Parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza, insieme a tutti gli stakeholder interessati compresi gli utenti, su aspetti quali:

  • qualità e costo delle derrate alimentari,
  • filiera di approvvigionamento,
  • rispetto dei menù,
  • ruolo delle Commissioni Mensa,
  • fasce di agevolazione nelle tariffe,
  • sistema degli appalti,
  • condizioni lavorative del personale addetto,
  • rispetto dei CAM,
  • monitoraggio dei programmi pubblici mense bio e frutta e verdura a scuola,
  • progetti di educazione all’alimentazione corretta.

Riconoscere le mense scolastiche come servizio pubblico essenziale e nel frattempo:

  • impedire qualsiasi forma di esclusione dai bambini le cui famiglie siano in condizioni di povertà;
  • contrastare i casi di morosità ingiustificata;
  • uniformare le tariffe minime e massime, almeno per aree territoriali del Paese (Nord, Centro e Sud).

Predisporre un piano quinquennale, successivo al PNRR per costruire nuove mense e arrivare a garantire il tempo pieno, a partire dalla scuola primaria e soprattutto nelle aree del Sud, in quelle interne e ultra-periferiche del Paese.

Favorire la diffusione delle Commissioni Mensa con la presenza al loro interno di almeno un genitore di bambini che utilizzano le diete speciali. Occorre individuare procedure e strumenti specifici ma comuni a tutti i territori, per poter avviare una valutazione del servizio su tutto il territorio nazionale con indicatori di rilevazione comuni e valorizzare le buone pratiche esistenti.

Rendere gli studenti protagonisti dell’educazione alimentare e dei corretti stili di vita, mettendoli al centro dei percorsi formativi in ambito scolastico affinché diventino essi stessi informatori di salute presso i loro coetanei e le proprie famiglie.

Eliminare dai distributori automatici delle scuole il cibo spazzatura, ed inserire solo prodotti freschi e naturali, possibilmente locali.

Sul sito web di Cittadinanzattiva sono disponibili tutti i dati dell’indagine.