Da Matera forte l’appello affinché non vada perduto questo dipinto di Levi, realizzato durante il confino ad Aliano. Ecco la richiesta

Per Pasquale Doria del gruppo politico “Matera Civica”:

“Da condividere e sostenere l’appello rivolto ai lucani da Ulderico Pesce sul destino di un dipinto che ci riguarda.

Le sue pennellate sono corpo, sguardo di un popolo diviso tra chi è partito e chi è rimasto.

Sono lingua viva e anima in grado di generare un nuovo senso dei luoghi.

Sono documento di una narrazione che vuole e può diventare patrimonio pubblico.

L’immagine pittorica restituita nell’intensa recitazione andata in scena nel chiostro di San Domenico, sede della Prefettura di Matera, è stata protagonista della rappresentazione teatrale intitolata ‘Luce del Sud’.

Si tratta di un olio su tela di grandi dimensioni che parla attraverso gli occhi di ‘Antonio, Peppino e il cane Barone’, titolo del ritratto realizzato il primo novembre del 1935 da Carlo Levi durante il periodo di confino ad Aliano.

Una testimonianza significativa che, dopo varie traversie, è giunta nella città dei Sassi, dove è attualmente a disposizione del mercato.

Prima che il dipinto prenda il largo, Matera Civica accoglie l’invito di Ulderico Pesce.

Il regista e attore lucano, a conclusione dello spettacolo, ha esplicitamente proposto l’acquisizione da parte di un ente pubblico dell’importante testimonianza presente anche nelle pagine di ‘Cristo si è fermato a Eboli’, scritto autobiografico di Carlo Levi su un’Italia sconosciuta, ridotta a luogo di confino della nazione.

E’ matura l’opportunità di coniugare parole e segni come adempimento di un compito culturale e politico.

Motivo dinamico per generare nuova storia anche attraverso le vie dell’arte.

Occasione per farsi testimonianza e ritrovata coscienza civile di una comunità, soprattutto come quella lucana, ancora una volta messa alla prova dalla pressione di impegnative vicissitudini sociali e umane, a partire dal drammatico spopolamento dei suoi territori.

Inequivocabile la risposta all’appello da parte del numeroso e qualificato pubblico presente in Prefettura, segno di un esplicito anelito, di una tensione che guarda avanti e oltre ogni tentazione nostalgica: che si facciano più salde e durature le radici democratiche e di garanzia di pace e collaborazione tra i popoli, non cancellando, ma mantenendo vive le loro millenarie vicende.

Nelle parole registrate da Uldercio Pesce, attraverso la restituzione teatrale della voce di Antonio e Peppino, torna l’oscillazione di chi parte e di chi resta, antichissimi poli dell’umanità corrispondenti al diritto di chi emigra come a quello di chi rimane.

Evidenti le dignitose intenzioni di chi intende rimanere.

Vorremmo farlo con la volontà di dare un nuovo senso ai luoghi delle origini e di noi stessi, anche attraverso la consegna a futura memoria di un significativo tassello di una storia che ci appartiene.

Per il ruolo territoriale che le compete, in tal senso, significativo risulterebbe un preciso impegno da parte dell’Amministrazione provinciale: si faccia interprete di questa condivisibile istanza”.