Codice della strada, nuove regole sulle sostanze: ecco cosa cambia

Lo scorso 11 aprile il ministero degli Interni e quello della Sanità hanno diffuso una circolare a tutte le forze dell’ordine, che modifica in maniera decisiva le regole del nuovo Codice della strada sulle sostanze.

La legge, voluta dal ministro dei Trasporti Matteo Salvini, come fa sapere quifinanza era diventata molto restrittiva e rischiava di multare e sanzionare persone che non erano sotto l’effetto di alcun tipo di sostanza, legale o illegale.

La nuova norma non riguarda soltanto la guida sotto effetto di stupefacenti illegali, ma anche l’alcool e una lunga lista di medicinali, che il nuovo Codice della strada aveva di fatto proibito a chi intendeva mettersi alla guida.

Il Governo nel frattempo deve affrontare anche un altro problema sulle sostanze: ha sbagliato a comunicare a Bruxelles la legge sulla cannabis light, che potrebbe essere annullata.

Matteo Salvini ha voluto fortemente delle modifiche al Codice della strada.

Queste hanno eliminato la dicitura “stato di alterazione psico-fisica” dalle regole che stabilivano le sanzioni.

Il riferimento va alla guida dopo aver assunto sostanze che alterano i sensi e la percezione, legali o illegali.

Questo comportava che bastasse un test positivo per essere multati e ricevere la sospensione della patente.

In alcuni casi, i test possono risultare però positivi anche giorni o settimane dopo l’assunzione delle sostanze.

Si rischiava quindi di vedersi sospesa la patente per l’assunzione anche di alcool o di medicinali giorni prima di essersi messi alla guida.

La nuova circolare però, specifica che per multare qualcuno o sospenderne la patente per assunzione di sostanze, bisogna accertarsi che le stesse “producano ancora i loro effetti nell’organismo durante la guida”.

Per incriminare qualcuno per guida sotto l’effetto di sostanze, le forze dell’ordine dovranno:

  • prelevare un campione di saliva al guidatore durante un controllo;
  • verificare la positività con un primo test sul posto;
  • in caso di positività, prelevare altri due campioni di saliva;
  • entrambi i campioni saranno inviati ai laboratori di tossicologia forense;
  • i laboratori verificheranno la presenza di metaboliti attivi nella saliva in uno dei due campioni;
  • solo in quel caso, si potrà procedere all’incriminazione;
  • il secondo campione viene conservato per un anno, per eventuali controanalisi.

I metaboliti sono le sostanze prodotte dall’organismo durante la metabolizzazione delle sostanze. Se sono attivi, gli effetti della sostanza sono ancora presenti.

Se non sono attivi, la sostanza è stata assunta, ma non ha alcun effetto sull’organismo.

La circolare specifica anche la questione dei farmaci.

Il nuovo Codice della strada infatti, rischiava di sanzionare le persone che prendono farmaci che hanno gli stessi principi attivi delle sostanze stupefacenti, per gestire condizioni croniche.

Alcuni esempi erano gli antidolorifici che contengono oppiacei o alcuni psicofarmaci.

Saranno i laboratori di analisi a doversi assicurare che i metaboliti eventualmente rilevati nella saliva non derivino da terapie prescritte da un medico, oppure da recenti degenze in ospedale della persona fermata.

In questi casi infatti, non si potrà applicare nessuna sanzione a chi ha assunto questi farmaci.

La nuova circolare risponde ai dubbi sollevati davanti alla Corte costituzionale dal tribunale di Pordenone a inizio aprile. Viene così smontata una delle norme più discusse del nuovo Codice della strada.

Proprio mentre la notizia della circolare sulle sostanze stupefacenti nel Codice della strada iniziava a circolare, è divenuto evidente come il Governo abbia commesso un grave errore sulla legge che ha reso illegale la cosiddetta cannabis light.

Parliamo dei prodotti derivati dai fiori di cannabis a bassissimo contenuto di principio attivo o con uno non stupefacente (Cbd).

La principale organizzazione della filiera della cannabis legale in Italia, gli Imprenditori canapa Italia, avrebbe notato infatti che non risulta alcuna notifica presso l’Unione europea dell’articolo 18 del decreto Sicurezza, che proibiva la vendita di cannabis light. Raffaele Desiante, presidente dell’Ici, ha chiesto spiegazioni e ha ricevuto una risposta chiara dall’Ue.

“Il giudice nazionale deve rifiutare di applicare una regola tecnica nazionale adottata in violazione dell’obbligo di notifica […] Inoltre, nella recente causa C-86/22 Papier Mettler Italia, la Corte ha ribadito il suo punto di vista sull’importanza dell’obbligo di rispettare il termine di prescrizione” recita la lettera, ricevuta lo scorso 11 aprile.

Non è la prima volta che il Governo commette questo errore. Anche la legge sulla carne coltivata, che vieta la produzione e la ricerca di questo alimento nel nostro Paese, aveva seguito lo stesso iter e non era stata notificata.

La ragione per cui la legge sulla carne coltivata e quella sulla cannabis light devono seguire lo stesso principio, è che vanno a impattare sul mercato unico.

Entrambe sono infatti legali in buona parte dei Paesi Ue e, se l’Italia le volesse proibire, andrebbe a danneggiare le filiere degli altri Stati membri, oltre alla propria.

Le aziende della cannabis light quindi possono tornare a sperare.

La norma che il Governo aveva emanato andrebbe disapplicata e, nel frattempo, la Commissione europea ha anche aperto un’indagine sulla questione.

L’esecutivo europeo vuole valutare che le norme italiane siano in conformità con i trattati, visto che all’estero la filiera della canapa riceve sovvenzioni da parte di Bruxelles.

Difficilmente inoltre, il Governo potrà appellarsi al principio per cui la cannabis light, in particolare quella che contiene Cbd, costituisca un pericolo per la sicurezza pubblica.

Questo principio attivo infatti non causa alcun effetto stupefacente, come verificato da numerosi studi scientifici. Un dato recepito anche dalla giustizia europea, che ha chiarito con la sentenza C-663/18 che il cannabidiolo non possa essere considerato uno stupefacente.